La musica è un mezzo di espressione ricco di potenzialità.
E non dobbiamo negare ai nostri bambini la possibilità di usarlo.
J. Paynter-P. Aston
‘I bambini non devono cercare di adattarsi alle aspettative adulte, ma sono gli adulti a cercare di costruire
spazi e occasioni per stimolare l’apprendimento e la fantasia dei più piccoli.
Non è necessario che gli stimoli siano grandiosi
quanto di approccio, di metodo, di relazione con il bambino.’
G. Rodari
Nella scuola dell’infanzia, che più degli altri gradi scolastici sa accogliere la non verbalità come strumento di comunicazione significativo, si tende spesso ad enfatizzare il valore delle produzioni grafiche e plastiche dei bambini, assegnando ad esse un ruolo di formalizzazione del pensiero assimilabile alla scrittura e gerarchicamente superiore ad altri sistemi di rappresentazione come quella gestuale e sonora. L’ideale sarebbe creare sinergie tra produzioni sonore, movimento e produzioni grafiche: suono, gesto, segno.
E’ proprio in questo primo ambiente scolastico che si inizia a comprendere la naturale sensibilità fisica dei bambini verso il mondo dei suoni e delle voci, perché ci si può prendere il tempo necessario per prestare attenzione al loro modo di ascoltare, di percepire un ritmo con il corpo, al loro modo di cantare. Quest’età ha bisogno del tempo di un adulto ‘dedicato’, che li accompagni nella loro scoperta verso il ‘musicale’ del loro piccolo mondo, per arrivare ad un proprio universo sonoro. La scuola deve saper accogliere bambini attivi e concreti, creativi e fisici, aprendosi alla laboratorialtà favorendo così l’incontro con il mondo dei suoni. Un incontro che prevede lo sviluppo e il consolidamento delle abilità sensoriali legate alla produzione e alla percezione, all’esplorazione e alla costruzione di realtà sonore e musicali che fanno parte della vita da ‘piccoli eploratori’.
Il laboratorio di musica deve dare spazio ai bambini favorendo l’improvvisazione mediante l’uso di strumenti tradizionali o inventati, costruiti con i materiali più disparati; dando risalto alla voce parlata, mediante la proposta di favole, enfatizzando il racconto con le voci dei personaggi e sonorizzando tutto ciò che è possibile, facendo scegliere ai bambini i vari tipi di sonorità; aprendosi all’invenzione di storie; creando canzoni che abbiano a che fare con la vita di tutti i giorni, con il reale vissuto, oppure canzoni completamente inventate in cui è il nonsenso a fare da padrone; facendoli danzare tra le cose e con le cose. A loro volta, i bambini, devono essere liberi di suonare o non-suonare, di parlare o non-parlare, di muoversi oppure di restare immobili a guardare ciò che succede intorno. Solo in questo modo potranno crescere senza la paura di disvelarsi a sé e al mondo, di scoprire ciò che hanno intorno, di stupirsi e diventare grandi anche grazie alle proprie emozioni.
“E’ creativo un bambino non tanto perché si è rivelato in grado di elaborare un prodotto “originale” ma soprattutto perché ha saputo esprimere idee, mettere a fuoco pensieri, definire ragionamenti, compiere scelte progettuali in un disegno di processo creativo socialmente vissuto, negoziato, concertato con altri, inserito in un contesto di alterità, condito di pluralità di presenze altre. Laddove la creatività nasce dal contatto, dalla connessione, dalla contaminazione, dalla squadra: una creatività polifonica. Fare suoni, rumori, produrre sonorità, ascoltare insieme e ascoltare voci, idee sensazioni, è creatività che s’imbeve di creatività altra e vive di implementazione.” M. Cervellati